Lo screening è un intervento efficace per ridurre la mortalità per tumore della mammella. Tuttavia presenta dei limiti inevitabili. Uno è dato dai cancri d’intervallo, che si manifestano tra un episodio di screening “negativo” e il successivo. Circa l’80% sono dovuti ai limiti tecnici della mammografia, meno del 20% a errori di screening. Pur non essendo eliminabili è necessario adottare complesse misure per ridurli il più possibile.
Si può immaginare cosa provi una donna che si scopre ammalata di cancro della mammella dopo essere stata invitata allo screening, esserci andata, e aver ricevuto in seguito la risposta: tutto a posto. Si può anche immaginare cosa provi un radiologo ferito da un errore diagnostico, forse evitabile, forse origine di un lungo contenzioso legale. Queste sono, in sostanza, le facce umane di un limite dello screening mammografico: i cancri intervallo
Recentemente due importanti documenti hanno tentato di affrontare questo tema spinoso: uno del GISMA e uno del Ministero della Salute (box 3). Il dibattito sollevato dalla loro diffusione ha ancora una volta sottolineato la delicatezza del tema.
Gli studi classici che avevano dimostrato che una mammografia (mx) biennale riduceva fino al 50% il rischio di morire per cancro della mammella avevano già esaminato e quantificato il fenomeno dei cancri intervallo, un effetto collaterale ineliminabile. Eppure a questo tema non è stato dato finora spazio sufficiente, né nelle informazioni alle donne né tra gli indicatori richiesti per la valutazione degli screening. Questo può dipendere da vari fattori.
Innanzitutto, i cancri intervallo sono difficili da rilevare con sufficiente completezza. Infatti è necessario avere la disponibilità di un Registro Tumori e/o delle Schede di Dimissione Ospedaliera e degli archivi di anatomia patologica; nonché, ovviamente, delle persone, della competenza, del tempo necessari. Di fatto, in Italia, solo pochi programmi di screening hanno organizzato una analisi sistematica dei propri cancri intervallo, presupposto indispensabile per affrontare razionalmente il problema.
Inoltre, i cancri intervallo fanno paura, perché tendono ad essere considerati tout court come errori del radiologo. E degli errori in medicina, per lo meno fino a qualche tempo fa, in Italia si è parlato poco.
Infine perché quella che viene in genere vista come la soluzione del problema, la mx annuale, pone gli screening di fronte a difficoltà insormontabili. Ma soprattutto può suscitare un dubbio ancora più profondo: che gli screening siano un’offerta di ripiego. Quanto di quello che abbiamo appena detto è basato sull’evidenza e quanto invece su una mitologia dei cancri intervallo, che seduce per primi gli stessi operatori? È quello che cercheremo di capire nei prossimi paragrafi.
Cancri intervallo
Sono i cancri che si manifestano nell’intervallo tra un episodio di screening “negativo” e l’episodio successivo. Secondo le Linee Guida Europee il loro numero non dovrebbe superare il 30% dei casi attesi in assenza di screening nel primo anno e il 50% nel secondo anno dopo la mammografia. Il Ministero stima che se ne verifichino attualmente circa 2.000 casi all’anno
.
I cancri di intervallo sono classificati, sulla base della revisione radiologica, in:
• cancri non visibili alla mammografia di screening
• casi con “segni minimi” che ad un revisione informata possono essere definiti sospetti
• “errori di screening”(falsi negativi).
Tali errori dovrebbero essere inferiori al 20% di tutti i cancri intervallo. Dialogo sui farmaci • n. 5/2008 dossier < 213
Fatti e Cifre dello screening del tumore della mammella*
Su 10.000 donne di età 50-69 anni:
• in due anni, in assenza di screening, vengono diagnosticati 50 tumori;
• se fanno lo screening ogni due anni verrà diagnosticato un tumore a 70-80 di loro la prima volta e a 40-50 ad ognuno degli episodi successivi.
Nel corso dei 2 anni che seguono un episodio di screening “negativo” vengono diagnosticati 15-20 tumori che sono chiamati cancri intervallo. Gli errori, se
inferiori al 20% di tutti i cancri intervallo, sarebbero 3-4.
* stime parzialmente semplificate dai dati del Registro Tumori del Veneto
SCIENZA E TECNOLOGIA
Molte persone tendono a identificare la scienza medica con la tecnologia, anzi, con le tecnologie più appariscenti e spettacolari: un atteggiamento che esorcizza la paura della malattia e della morte con il miraggio dell’infallibilità. Nelle procedure sanitarie, specie in quelle che utilizzano tecnologie, spesso si dà per scontato che i risultati siano automatici e privi di errori. Invece gli errori si verificano. E in un tale contesto è inevitabile che vengano considerati solo come colpe e insuccessi.
LIMITI DELLA MAMMOGRAFIA
È intuitivo che una neoformazione in crescita divenga visibile con un test radiologico in un momento x, cioè non prima di aver raggiunto determinate dimensioni o caratteristiche di densità. Questo momento può non precedere l’episodio di screening ma seguirlo. Inoltre, è particolarmente difficile interpretare una mx quando è stata eseguita alla cieca in una persona asintomatica che potrebbe avere una piccola neoplasia in qualunque punto dei suoi seni. Non esiste radiologo, per quanto bravo, che possa evitare i limiti tecnici della mx e scendere sotto una certa quota di “errore”. Può dirsi esperto solo colui che legge e continua a leggere numeri molto elevati di mamografie.
SCREENING E GRANDI NUMERI
Lo screening mammografico è un intervento offerto a grandi numeri di persone: in Italia le donne eleggibili sono 7,35 milioni. Perciò ogni questione che lo riguarda va affrontata con una visione generale, non traendo da casi aneddotici conclusioni valide per tutti.Bisogna anche ricordare che lo screening offre la diagnosi precoce puntando a fare il minimo numero possibile di esami, in modo da contenere sia i costi sociali sia quelli personali (ansia, danni fisici, stigma). Infatti la grande maggioranza delle donne non avranno una diagnosi di tumore nei venti anni in cui sono eleggibili allo screening e neppure dopo.
SOLUZIONI SEMPLICI E SBAGLIATE
Si dice che esiste sempre una soluzione semplice per un problema complesso: purtroppo, a posteriori, si constata quasi sempre che la soluzione era sbagliata.
Ecco tre esempi di soluzioni semplici per risolvere il problema dei cancri intervallo.
1.Poiché gli studi indicano che i cancri intervallo nel secondo anno dopo la mx hanno una frequenza almeno doppia rispetto al primo, è stato proposto di fare lo screening ogni anno invece che ogni due. Ma in questo modo, è importante sottolinearlo, non eliminiamo i cancri intervallo, perché nel secondo anno continueremmo ad avere una frequenza uguale al primo. Inoltre, per ogni cancro intervallo che vogliamo evitare, data la frequenza stimata di tali eventi, nel secondo anno dovremmo esaminare circa 1.500 donne (mx + eventuali altri esami di approfondimento). Questa opzione, però, non è compatibile con l’attuale capacità di offerta del nostro Sistema Sanitario.
Quindi, per evitare un cancro intervallo finiremmo per escludere dallo screening 1.500 donne, perdendo la possibilità di fare 6-12 nuove diagnosi, a scapito dell’equità dell’offerta.
2.La proposta di fare una mx annuale spesso sottintende anche un’altra certezza: la maggiore efficacia di un modello di screening più aggressivo in termini di frequenza e di approfondimenti. Questo è stato confutato da un grande trial inglese che ha paragonato lo screening annuale con quello triennale (va evidenziato che in Italia l’intervallo di screening è di due anni e non di tre come nel Regno Unito). Com’era atteso, nel primo gruppo ci sono stati più tumori diagnosticati allo screening, nel secondo più cancri intervallo. Ma la modesta riduzione di mortalità, prevista a 10 anni nello screening annuale, non ha raggiunto la significatività statistica. Se ne deduce che l’effetto, se c’è stato, era relativamente modesto
3.Poiché è ragionevolmente dimostrato che l’aggiunta dell’ecografia alla mx aumenta leggermente la sensibilità, è stato proposto di utilizzare i due test assieme, almeno nelle donne con seno denso.
Anche questa soluzione non risulta sostenibile, per vari motivi. Innanzitutto il tempo che un medico impiega per fare una ecografia è almeno dieci volte superiore a quello che impiega per leggere una mx. Inoltre le ecografie generano a loro volta una quota di dubbi diagnostici che obbligano a ulteriori approfondimenti, anche invasivi, su persone che poi risultano sane (falsi positivi). Di nuovo costi molto ingenti e vantaggi limitati, a detrimento dell’equità.
4.I radiologi sono consapevoli di correre un certo rischio di errore facendo lo screening: i falsi negativi. Perciò tendono a trasferire nello screening il modello diagnostico clinico alla cui base sta il principio di fare tutto il possibile per confermare o escludere un sospetto diagnostico.
In pratica aumentano esami e controlli, cercando di tutelarsi nei confronti delle paventate conseguenze medico legali. Una diagnosi fatta in occasione di un controllo precoce diventa infatti un caso trovato allo screening, non più un cancro intervallo. Senza addentrarci nei metodi dell’epidemiologia clinica, è intuitivo che tale modello è appropriato se applicato a persone con segni di malattia e quindi con una notevole probabilità di essere ammalati. Lo stesso approccio diventa inefficiente, non sostenibile e causa di sofferenze inutili se applicato a popolazioni prevalentemente sane. In realtà nello screening i controlli ravvicinati sono giustificati solo in pochissimi casi.
Documento del ministero:considerazioni conclusive
Un approccio integrato al fenomeno dei cancri intervallo comporta almeno tre ulteriori focalizzazioni.1. Innanzitutto è rilevante la “messa a sistema” della formazione. Si tratta, da un lato, di fornire attraverso idonei percorsi formativi, le conoscenze professionali necessarie a prevenire e a gestire questi casi (compresa una formazione specifica sulla gestione del rischio clinico); dall’altro si tratta di progettare solidi percorsi formativi di miglioramento professionale continuo (in particolare di audit) nei quali inserire la revisione sistematica dei casi di cancri intervallo.
2. In secondo luogo è evidente che il fenomeno non riguarda solo i Programmi di Screening (nei quali, come già detto, è più noto e approfondito per le caratteristiche stesse di tali programmi di Sanità Pubblica) ma anche la cosiddetta “prevenzione individuale”. In questo ambito è riscontrabile un ritardo di elaborazione culturale di tale fenomeno e, soprattutto, di rilevazione sistematica dei casi.
3. In terzo luogo, si rileva il problema che le acquisizioni ricapitolate nel presente documento divengano patrimonio di conoscenza anche per le utenti dei programmi di screening. Ciò attiene, naturalmente, al tema della comunicazione e dell’informazione nello screening nella prospettiva dell’empowerment. Idonee modalità andranno identificate per una corretta comunicazione in generale sull’affidabilità degli strumenti diagnostici disponibili e in particolare sulle problematiche dei cancri intervallo.
SOLUZIONI COMPLESSE E RAGIONEVOLMENTE CORRETTE
Innanzitutto deve essere chiaro che i cancri intervallo non sono eliminabili. Anche nei contesti più rigorosi, circa il 60% dei cancri intervallo non risultano visibili alla mx, circa il 20% risultano sospetti solo ad una revisione informata, e meno del 20% possono essere definiti errori di screening
. Oltre l’80% dei cancri intervallo sono quindi dovuti ai limiti tecnici della mx. Di conseguenza l’obiettivo realistico è ridurre il più possibile quei cancri intervallo che sono riducibili, cioè soprattutto quelli dovuti a errori diagnostici. Ma come si può ridurre la probabilità di errore da parte del radiologo senza compromettere la sostenibilità e l’equità dello screening? Il punto di partenza è la rilevazione sistematica e il più possibile completa dei cancri intervallo, la quale consente il calcolo degli indicatori specifici e della sensibilità del programma (box 1). Poi è essenziale che il radiologo abbia completato una formazione specifica. Non si sottolineeranno mai abbastanza, infatti, le profonde differenze nell’interpretazione di uno stesso esame, la mx, in un contesto clinico e in un contesto di sanità pubblica. Nel primo si deve privilegiare la sensibilità. Nel secondo si deve porre molta attenzione anche alla specificità, cioè a evitare i falsi positivi e a contenere al massimo gli esami e i controlli.
Oltre a ciò, occorre mantenere volumi di lavoro adeguati: in letteratura, infatti, è ripetutamente sottolineata la correlazione tra carichi di lavoro e accuratezza diagnostica. Non a caso le Linee guida stabiliscono che un radiologo deve leggere almeno 5.000 mx/anno, e che le mx devono essere lette indipendentemente da due radiologi
La doppia lettura aumenta la sensibilità del 5-15%, e quindi riduce i cancri intervallo. In Italia il rispetto di questi due requisiti è tutt’altro che scontato, mentre è frequente il ricorso ai comportamenti poco efficaci e non sostenibili descritti precedentemente. Occorre inoltre valutare in maniera rigorosa gli eventuali errori radiologici: dopo avere identificato i cancri intervallo, bisogna recuperare le mx di screening e rivederle. Tale revisione si può definire informata, quando è nota al revisore l’area in cui è localizzata la neoplasia. Questa è la base per la formazione e il miglioramento della qualità diagnostica, mentre la revisione ottimale è quella definita cieca, in cui le mx dei cancri intervallo, rese anonime, vengono mescolate ad altre sicuramente negative. Quest’ultima deve essere usata in ambito medico legale o per scopi di studio, in quanto consente di riprodurre la situazione in cui avviene la refertazione dello screening. Da questa revisione meno del 20% dei cancri intervallo dovrebbero risultare derivati da un errore del radiologo. Infine occorre mantenere alta la pressione formativa, utilizzando sistematicamente i risultati delle revisioni, anche in incontri multicentrici. La serie di azioni descritte mostra che l’approccio al problema cancri intervallo è complesso e non riguarda soltanto i radiologi, ma gli interi programmi di screening e i centri regionali che li coordinano. Infatti, una organizzazione rigorosa e dei protocolli espliciti sono i fattori che meglio possono tutelare la salute delle donne e la professionalità del radiologo. Anche in ambito clinico esistono i cancri intervallo, sempre a causa dei limiti tecnici della mx che non sono superabili con esami aggiuntivi. Tuttavia, in ambito clinico i cancri intervallo non vengono rilevati come tali, anzi sono spesso classificati come diagnosi fatte in occasioni dei controlli previsti, da cui la convinzione che il modello clinico sia la strada per l’eliminazione dei cancri intervallo. Si verifica così un paradosso: gli screening che rilevano e valutano i cancri intervallo e che perseguono la trasparenza sono spesso etichettati come interventi di scarsa qualità.
PROGNOSI DEI CANCRI DI INTERVALLO
Per fare una corretta informazione sui cancri intervallo è essenziale parlare anche del la loro prognosi. Molti cancri intervallo hanno una buona prognosi e, se è vero che per una piccola quota sono particolarmente aggressivi, in media hanno comunque una prognosi migliore dei casi di tumore trovati in donne non sottoposte a screening
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QUESTIONI LEGALI
ll timore di ripercussioni medico-legali è un aspetto per nulla trascurabile dei cancri intervallo. Il fatto che per lo screening mammografico l’incremento di contenziosinon si sia ancora materializzato non è sufficiente a dissiparne la paura.Sono i radiologi infatti che devono misurarsi con la mx, un test obiettivamente difficile e con una quota non eliminabile di eventi potenzialmente classificabili come errori.
Un punto essenziale del recente documento ministeriale sta nell’aver dato indicazioni sulla procedura più corretta da seguire quando è necessario accertare se vi sia stata imperizia.Il documento precisa che la revisione delle mx di screening deve essere cieca, e che il consulente tecnico del tribunale deve essere una radiologo esperto di mx. Questa procedura è anche quella più garantista nei confronti del radiologo.
È poi importante che in un eventuale procedimento il radiologo non venga lasciato solo: se egli fa parte di un programma che segue procedure consolidate.I radiologi saranno due, e allora anche la responsabilità sarà condivisa. Infine l’aspetto informativo e culturale: un contenzioso nasce da una denuncia, la quale può nascere da aspettative errate, legate a loro volta a informazioni inadeguate. Perciò il primo punto è ribadire l’importanza di un’informazione adeguata.
I LIMITI SI POSSONO E SI DEVONO SPIEGARE
Finora, per parlare dei cancri intervallo, abbiamo usato quasi 2.000 parole. Decisamente troppe per un opuscolo informativo o per una lettera. Questi però sono gli strumenti con cui gli screening invitano tutte le donne, anche quelle che poi non faranno la mx. Se gli operatori vogliono farsi capire su un argomento così complesso come i cancri intervallo, devono tener conto dell’esperienza maturata nell’ambito della scrittura istituzionale e della comunicazione del rischio. Inoltre le informazioni dovrebbero essere brevi, comprensibili, verificate, indicando come poterne trovare altre di più approfondite.
Riteniamo che nei materiali informativi di base i concetti fondamentali debbano essere pochi:
• lo screening è efficace;
• la sua efficacia dimezza il rischio di morire di tumore della mammella, ma non lo annulla;
• la mx, come tutti gli esami diagnostici, non è esente da limiti ed errori;
• lo screening cerca di contenerli il più possibile controllando la qualità di quello che fa.
È poi importante che le donne che lo desiderano abbiano la possibilità di approfondire queste informazioni: a ciò sta lavorando l’Osservatorio Nazionale Screening, estendendo al mammografico una linea di lavoro iniziata con gli altri screening.
È essenziale anche che vi sia omogeneità tra le informazioni scritte e quelle verbali date dagli operatori, e che questi vengano formati per sfatare i miti da cui per primi spesso sono avvinti.
Fin qui gli strumenti che noi, come programmi di screening, governiamo. Ma la comunicazione sui temi più difficili della salute non passa attraverso i programmi di screening, e neanche attraverso le istituzioni sanitarie. Visto che solo i casi più estremi fanno notizia, sono i media che, inevitabilmente, finiscono per fare cultura sugli errori in medicina. La conseguenza è che il dibattito si radicalizza a tal punto da non andare oltre gli aspetti superficiali. E l’onnipotenza della prevenzione e la non accettazione del limite (malattia, morte, errore umano o tecnologico) non corrono troppo rischio di essere intaccati. Il risultato è una non-cultura che pervade sia il pubblico che gli operatori e ostacola la già difficile comunicazione sul rischio. In realtà, per lo meno in medicina, qualcosa sta cambiando. Dagli anni ’90 a livello internazionale, nell’ultimo decennio in Italia, si comincia a comprendere l’importanza di apprendere dagli errori, e perciò di rilevarli invece di nasconderli.
In questo senso i cancri intervallo sono una occasione preziosa.
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