Screeening mammografico

Il tumore della mammella è il tumore più frequente nella popolazione femminile e la principale causa di morte nelle donne occidentali tra i 40 ed i 50 anni. Nel 2024 in Italia sono previsti 60.000 nuovi casi con una mortalità di circa 13000 casi. Mediamente una donna su otto sviluppa un tumore mammario nel corso della vita, nel 30% in donne con età inferiore a 44 anni, nel 35% di donne comprese tra 44 e 65 anni ed il rimanente 35% dopo i 65 anni.

Lo screening si propone la riduzione della mortalità e l’aumento della sopravvivenza attraverso la diagnosi precoce.
Per screening mammografico si intende l’esecuzione della mammografia che una struttura offre attivamente ad una popolazione bersaglio ben identificata a rischio di malattia ed asintomatica con fini di diagnosi precoce; lo screening non è diagnosi. L’obiettivo dello screening è quello di ridurre la mortalità.

La diagnosi precoce mediante mammografia determina oltre  alla riduzione della mortalità un miglioramento della qualità di vita favorendo la diffusione di trattamenti conservativi.

Cos’è lo screening mammografico?

Lo screening mammografico non è una forma di prevenzione, ma di diagnosi precoce: questo significa che per chi si sottopone regolarmente a mammografia le probabilità di avere un tumore restano uguali, ma i tumori sono identificati in una fase spesso precoce. La mammografia viene proposta: ogni anno alle donne dai 40 ai 49 anni (no nello screening), ogni due anni alle donne dai 50 ai 69 anni(nello screening). E dopo i 69 anni? Tutte le donne in fascia di età 50-69 sono invitate ad eseguire l’esame nei servizi di screening delle aziende sanitarie. All’interno del programma, la mammografia e gli eventuali accertamenti successivi sono gratuiti. Il programma si fa carico di garantire la continuità del percorso di diagnosi e delle eventuali cure, favorendo, quando è necessario intervenire, trattamenti chirurgici conservativi. Lo screening mammografico, nella sua modalità organizzata, è un intervento incluso tra i livelli essenziale di assistenza (Lea), che si dovrebbe confermare efficace nel ridurre la mortalità, le diseguaglianze di salute e nel contenere gli effetti negativi: sovradiagnosi, falsi positivi e falsi negativi mammografici. La mammografia prima e la tomosintesi oggi è un esame radiologico della mammella ed è il più efficace per diagnosticare precocemente i tumori al seno. La mammografia, quella di screening del carcinoma mammario, è il fil rouge attraverso il quale si dipana la narrazione della storia di uno screening che ha suscitato negli ultimi 30 anni, e suscita tuttora, dibattiti e controversie nella comunità medica e scientifica, nei media e nella popolazione riguardo alla sua efficacia, ai vantaggi e agli svantaggi che questa pratica comporta.

Come avviene l’invito a partecipare al programma di screening?

Gli esami di screening vengono programmati direttamente dagli operatori del Centro Screening delle Aziende Sanitarie. Ogni donna, residente e domiciliata nel territorio del distretto sanitario, di età compresa tra i 50 e i 69 anni riceve a domicilio una lettera personalizzata contenente tutte le informazioni utili per effettuare gratuitamente l’esame; nell’invito sono altresì specificate le modalità per modificare la data o l’orario dell’appuntamento. In alcune aziende sanitarie (Emilia Romagna, Veneto) lo screening è rivolto a tutte le donne ultraquarantenni comprese le donne in età compresa tra 69-74 anni.

Preliminarmente è indispensabile fare alcune considerazioni, lo screening deve rispondere ad alcuni requisiti:

  • il programma promuove, facilita e controlla la partecipazione della popolazione bersaglio
  • la popolazione bersaglio va preventivamente identificata
  • sono da definire ed organizzare i vari momenti diagnostici e terapeutici che si rendono necessari nei soggetti positivi
  • vanno attivati gli strumenti di valutazione dell’efficacia, dei costi e dell’organizzazione del programma
  • iniziative di massa devono non solo promettere ma anche mantenere il risultato atteso (riduzione della mortalità)
  • gli screening richiedono una organizzazione complessa ed una continua e periodica valutazione della qualità delle prestazioni offerte.

Possibili effetti negativi dello screening

Quando raggiunge un elevato livello di adesione nella popolazione a cui si rivolge, un programma organizzato di screening con un’offerta gratuita favorisce l’equità di accesso a tutte le donne interessate, residenti e domiciliate, senza distinzione alcuna di razza, religione o appartenenza a strato sociale. I risultati degli studi nel CentroNord ma non nel Sud costituiscono, dunque, un riconoscimento del valore in termini di significato sociale dello screening organizzato. La presunta efficacia della diagnosi precoce è a volte rafforzata da percezioni fuorvianti: infatti, un test che anticipa il momento della diagnosi, senza modificare in alcun modo la data o la causa della morte, apparirà efficace agli occhi delle donne pur essendo in realtà del tutto inutile. Questa distorsione percettiva viene alimentata dallo slogan “la diagnosi precoce aumenta la sopravvivenza senza ridurre la mortalità”. La Mammografia vede molto ma non tutto. Inoltre su circa 260000 diagnosi di cancro nel 2012 negli Stati Uniti il 27%, 64000 erano carcinomi in situ di questi la metà non sarebbero mai diventati carcinomi infiltranti. Su mille donne americane cinquantenni sottoposte a screening mammografico ogni anno per un decennio, una quota compresa tra 0,3 e 3,2 scamperà alla morte per cancro al seno, tra 490 e 670 donne dovranno affrontare una diagnosi dubbia o falsamente positiva, e tra 3 e 14 donne subiranno trattamenti inutili per tumori che, se non scoperti, non si sarebbero mai sviluppati. In ambito oncologico, l’overdiagnosis ossia l’identificazione di lesioni non evolutive dipende fondamentalmente da due fattori: i casi di lesioni occulte non evolutive e la sensibilità sempre crescente dei test diagnostici che ne permettono la diagnosi, inoltre lo screening determina una diagnosi anticipata della malattia in una fase asintomatica: per alcuni donne, questo può tradursi in un prolungamento della fase clinica della malattia senza che vi corrispondano cambiamenti significativi nella sua 16 storia naturale. In altre parole, anticipando si prolunga soltanto la malattia, senza alcun beneficio in termini di vita guadagnata.

I programmi di screening organizzato contribuiscono alla riduzione delle diseguaglianze in termini di accesso alla prevenzione nelle fasce di popolazione target più svantaggiate? No.

La diseguaglianza nell’adesione allo screening viene rilevata per: – territorio – livello d’istruzione – difficoltà economiche– cittadinanza straniera.

Nonostante mozioni parlamentari direttive Europee e l’impegno delle Associazioni a oggi non si vedono concreti progetti operativi che possano superare la disomogeneità di diagnosi precoce e di trattamento ancora presenti nel nostro territorio. La percezione delle differenze e della inadeguatezza è diffusa. Esiste una forte differenza tra le varie aree geografiche nella tempestività della diagnosi. La distribuzione per stadio del tumore è diversa tra Nord, Centro e Sud. Al Nord e al Centro il 60% dei tumori viene individuato nello stadio precoce, al Sud solo il 40%. Altri elementi discordanti e contradditori dello screening sono:

Assenza del rapporto medico-paziente e non completa informazione;                                                                                 

– Non coinvolgimento delle donne e delle Associazioni femminili;                                                                                             

– Mammografia esclusiva (biennale);                                                                                                                                                     

– Lettura dell’esame differita e ansia nei richiami;                                                                                                                           

– Bassa adesione ai programmi al Sud;                                                                                                                                                 

– Tasso dei carcinomi non rilevati (20%);                                                                                                                                             

– Carcinomi d’intervallo del 30% se screening annuale, del 50% se biannuale;– 10% di sovratrattamento; 

– Nessun esame per le donne escluse dal programma;

– La Legge 23 dicembre 2000, n. 388, invita le donne, in età compresa tra 45 e 69 anni, a fare una mammografia gratuita ogni 2 anni. Il “messaggio scientifico” invece, distingue tra le diverse fasce di età consigliando una mammografia ogni anno per le donne che hanno compiuto 40 anni fino a 50 anni di età;

– I programmi di Screening in Italia sono gestiti a livello regionale e invitano donne in diverse fasce di età (in larga parte dai 50 ai 69 anni, alcuni, dai 45 ai 74 anni) in relazione alle risorse che il servizio sanitario regionale rende disponibili. Sarebbe utile identificare un unico modello per il reclutamento delle donne in età di screening; per es. utilizzando solo la modalità di invito attivo, escludendo di fatto le vie alternative (richieste dei Medici di Medicina Generale) che possono essere superflue e non necessarie dal punto di vista burocratico, favorendo così la pianificazione dell’attività evitando le richieste ridondanti (donna invitata allo screening che però chiede una mammografia per “prevenzione” con impegnativa regionale) ma favorendo lo screening volontario.

Noi ci chiediamo la prenotazione per finalità di diagnosi precoce tramite agenda CUP garantisce alle donne con meno di 50 anni e più di 70 lo stesso intervallo di tempo dello screening che invita le donne ogni due anni ad effettuare l’esame, e cosa è previsto per le escluse dal programma?

 

Allo scopo di aumentare la sensibilità e l’efficacia dello screening sarebbe il caso di proporre alle donne con seno denso una integrazione ecografica. Uno studio dell’università americana di Harvard avanza nuovi dubbi sul rapporto rischi-benefici dello screening mammografico per la diagnosi precoce del cancro al seno. Un parenchima mammario denso può mascherare il tumore soprattutto se il tumore non è associato a calcificazioni o a distorsioni parenchimali. Nei seni densi e molto densi la sensibilità della mammografia nel riconoscere precocemente il tumore è bassa intorno al 50%. L’integrazione ecografica può incrementare la sicurezza diagnostica del 20%, recuperando quindi molti casi tumorali non evidenziabili al test mammografico.

L’ecografia è un test di screening aggiuntivo che aumenta la sensibilità diagnostica nelle donne con seno opaco, mediamente 4 tumori per mille donne sono identificati dalla sola ecografia.Di solito si tratta di tumori invasivi in stadio precoce.L’ecografia ha però una certa percentuale di falsi positivi e non è in grado di diagnosticare i tumori intraduttali che spesso si manifestano con microcalcificazioni. Allo scopo di aumentare la sensibilità e l’efficacia dello screening sarebbe il caso di sottoporre le donne con seno denso ad una integrazione ecografica?

Le donne quarantenni sarebbero “più danneggiate” dallo screening rispetto a coloro che ne traggono vantaggio. A meno che non si  aggiunga l’ecografia ma sul piano economico e per la scarsa disponibilità di sanitari ed operatori la cosa è ritenuta proibitiva.

I risultati di trials clinici per le donne di 40/49 anni sottoposte a screening mammografico dimostrano nella migliore delle ipotesi una riduzione di mortalità del 10/15%. Le problematiche non risolte dello screening mammografico sono le seguenti:

>La minor prevalenza del tumore implica costi maggiori per tumore diagnosticato

>La maggiore densità mammaria riduce la sensibilità ed aumenta i cancri d’intervallo 

>La maggiore densità radiologica determina un incremento dei richiami

>L’approfondimento diagnostico è più aggressivo con accertamenti più invasivi (agobiopsie)

>Aumento dei casi di sovradiagnosi e sovratrattamento

>Per la minore anticipazione diagnostica attesa lo screening dovrebbe  essere annuale nei seni densi.

 La densità  di base può mimare o simulare il tumore con richiami approfondimenti e  biopsie inutili.Nello screening la densità mammaria è associata a un maggior tasso di “carcinomi intervallo”.

Il beneficio dello screening mammografico non sempre è ottimale: lo si evince dal 50% di cancri di intervallo se la mammografia è biennale e del 30% se annuale. Si definiscono carcinomi di intervallo quelle lesioni maligne che la donna rileva in presenza di sintomi dopo una mammografia negativa e prima del successivo controllo mammografico programmato negli screening dopo due anni. I cancri di intervallo potrebbero ridursi di molto praticando la mammografia ed eseguendo nei seni densi  oltre all’esame mammografico l’integrazione ecografica con l’esame clinico.Si può immaginare cosa provi una donna che scopre un nodulo palpandosi la mammella dopo aver effettuato una mammografia ed aver ricevuto la risposta “tutto bene, tutto a posto”..

La sovradiagnosi è inevitabile nello screening oncologico. Secondo la nuova ricerca, condotta su dati relativi a quasi 40 mila donne norvegesi e pubblicata sugli ”Anals of public health” in una percentuale compresa tra 15 e il 25 % dei casi le diagnosi di tumore fatte in base alle screening sono in realtà ”sovradiagnosi”. In altre parole, fino a un caso su 4 individuato con gli esami a ”tappeto”, e trattato di conseguenza con chirurgia, chemio o radioterapia, in realtà non avrebbe dato origine a una malattia potenzialmente mortale né ad alcun sintomo. Su ogni 2.500 donne sottoposte a screening, i ricercatori calcolano una sola vita salvata, a fronte di 10 pazienti avviate a trattamenti inutili. La sovradiagnosi dipende da diverse condizioni: la prevalenza dei cancri, l’anticipazione diagnostica (lead time) e l’aggressività dello screening.

Studi autoptici hanno dimostrato prevalenza assai inferiore di carcinoma invasivo e in situ (rispettivamente 1,3 e 8,9%). L’anticipazione diagnostica della mammografia è stimata intorno a 2-3 anni. Il tasso di biopsie (percutanee o chirurgiche) in screening è al massimo di 2-3%. L’età media di screening è 60 anni e l’aspettativa di vita mediamente di 20 anni (dati italiani). Le stime di sovradiagnosi, in base ai trial randomizzati (Gothenburg e Two Counties = 1% ; NBSS I (Canada) = 14%; NBSS II =11%; Edinburgh = 13% e a screening ”di servizio” (Firenze = 0-13%) sono abbastanza rassicuranti e non si è mai sostenuto che la sovradiagnosi potesse compensare negativamente i benefici dello screening, che infatti viene comunemente raccomandato dalla CE. Per quanto riguarda le donne ultrasettantenni lo screening non viene proposto soprattutto per la concomitanza di altri possibili eventi morbosi e per la più bassa aspettativa di vita.

Sulla base di evidenze scientifiche il GISMa,gruppo italiano per lo screening mamografico propone di non estendere la mammografia sino a che non verrà realizzata la copertura del 100% della popolazione 50/69 anni avente diritto alo screening mammografico. Esiste però in ambito senologico una domanda di prevenzione e di prestazioni diagnostiche al di fuori delle fasce di età coinvolte dallo screening (50-69 anni). Cosa prevedere per le donne escluse dallo screening? Le linee guida sullo screening mammografico fornite da diverse organizzazioni americane sembrano disorientare le donne. Come riassumere le divergenze e i punti condivisi?

A quale età è corretto sottoporsi al primo esame mammografico? 40, 50 anni? Quanto regolari devono essere i controlli? Domande legittime e di fondamentale importanza, di fronte alle quali, purtroppo, non esistono ancora posizioni condivise, almeno negli Stati Uniti. Le principali organizzazioni sanitarie forniscono, infatti, raccomandazioni spesso divergenti riguardo l’età di inizio e la regolarità dei controlli.

Nel 2009 il panel di esperti U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF) ha pubblicato una versione revisionata delle linee guida precedenti, nella quale figuravano i seguenti tre punti:

– Screening mammografico con cadenza biennale dopo i 50 anni di età nelle donne a rischio.

– Prima dei 50 anni non vi sarebbe alcuna necessità di eseguire lo screening mammografico regolare, e la decisione di attuare controlli deve basarsi sull’analisi della situazione individuale, considerando il rapporto rischi benefici dell’esame.

– I medici non devono fornire indicazioni alle donne sull’autoesame della mammella.

Poiché non sono disponibili evidenze particolarmente convincenti per dimostrare l’utilità dello screening dopo i 75 anni di età, non esistono raccomandazioni specifiche per questa categoria di pazienti.

Il gruppo USPSTF, riconosce che l’adesione alle campagne di screening mammografico prima dei 50 anni ha permesso di ridurre il tasso di mortalità per il tumore. Tuttavia, i benefici dell’esame non sarebbero poi così significativi se confrontati con i potenziali rischi a cui sarebbero esposte le donne di età compresa tra 40 e 49 anni. Tra questi, la possibilità di risultati falsi positivi che conducono a biopsie non necessarie, alle quali si accompagna un carico di stress psicologico non indifferente.

Di altro avviso è invece l’American Cancer Society (ACS), la quale invita le donne a moderato rischio a sottoporsi a controlli annuali dopo i 40 anni di età. L’ACS non fornisce indicazioni precise sull’autoesame.

Mayo Clinic, una fra le più accreditate organizzazioni dedicate alla divulgazione di raccomandazioni pratiche, e leader negli standard di qualità sanitaria, condivide le posizioni ACS, raccomandando cioè lo screening annuale dopo i 40 anni. L’approccio suggerito della Mayo Clinic si fonda sui seguenti tre punti chiave:

– Diffondere la conoscenza del rischio del carcinoma mammario, partendo dall’educazione delle pazienti a riconoscere cambiamenti sospetti del seno.   

– Esame clinico del seno annuale dopo i 40 anni.       

– Inizio dello screening mammografico regolare dopo i 40 anni.

Pur non essendo un esame perfetto, la mammografia rappresenta l’unico strumento diagnostico disponibile per riconoscere precocemente il tumore, grazie al quale è quindi possibile attuare strategie terapeutiche più efficaci e meno aggressive. Occorre inoltre sottolineare che la maggior parte delle donne che sviluppano il tumore non presentano una storia familiare della patologia o altri fattori di rischio conclamati. Questa situazione contribuisce ad abbassare la soglia di allerta che invece dovrebbe restare costante per tutte le donne. Infine, come avviene per ogni percorso terapeutico condotto con successo, anche la diagnosi precoce non può prescindere dalla comunicazione e il confronto tra medico e paziente. Il contatto diretto con le figure professionali e la libertà di discutere il rischio individuale costituiscono le basi per raggiungere la massima efficacia dei controlli.

Considerazioni sui programmi di screening

Da studi condotti,  sono emersi elementi positivi e migliorativi e aspetti più critici che suggeriscono l’importanza di prestare attenzione a fattori fondamentali come la performance, la formazione e i controlli di qualità all’interno dei programmi di screening. Per quanto riguarda l’estensione, si è osservato un ottimo andamento ma persistono disuguaglianze a livello nazionale, infatti se nel centro-nord tutte le persone aventi diritto fondamentalmente ricevono l’invito o quasi, nel sud nonostante l’enorme miglioramento e uno sviluppo importante dello screening solo 2 persone su 3 ricevono l’invito. Il periodo di osservazione si ferma al 2019 e quindi sarà importante aggiornare i dati su una serie temporale più lunga che comprenda anche la fase pandemica e post-pandemica, alla luce delle criticità verificatesi, anche se i programmi di screening hanno mostrato una buona resilienza e c’è stato un grosso sforzo nel recupero. Relativamente alla partecipazione, i dati di questa indagine si riferiscono allo screening organizzato, ma ne esiste anche uno opportunistico di difficile quantificazione. Dalla survey di Passi è emerso che in alcune aree lo screening spontaneo rappresenta una componente importante.
La partecipazione agli screening è determinata da numerosissimi fattori; molti studi ne hanno esplorato i determinanti e sicuramente il gradiente socioeconomico è uno di quelli principali e quindi è fondamentale concentrare l’attenzione sul contrasto alle disuguaglianze e sul tema dell’equità che è  al centro di molti documenti di indirizzo a livello nazionale e internazionale, come le ultime raccomandazioni del Consiglio europeo sugli screening oncologici. In questo senso, anche una performance efficiente può a sua volta fidelizzare le utenti e promuovere la partecipazione di vari gruppi di popolazione.
Inoltre, in riferimento a quanto riportato sull’erosione delle performance, l’aumento del recall rate al primo screening con conseguente sovraccarico dei servizi di radiologia e di stress nelle donne coinvolte, può avere diversi motivi: la mancanza di un esame precedente di confronto, un’attività non dedicata allo screening da parte dei radiologi coinvolti, inadeguati volumi di attività, un ricorso alla medicina difensiva etc, criticità che una buona spinta sulla formazione specifica di queste figure professionali potrebbe risolvere o attenuare. Complessivamente in alcune aree geografiche ci sono stati comunque degli indicatori in miglioramento come nelle Province Autonome e sono risultati stabili gli andamenti in altre regioni del Centro-Nord, mentre in alcune regioni del Centro-Sud è stato rilevato un progressivo peggioramento di tutti gli indicatori, e per altre regioni non è stato possibile fare un’analisi approfondita per difficoltà di reperimento dei dati.
A tal proposito, nel Piano nazionale di prevenzione si indica il rafforzamento dei coordinamenti regionali dei programmi di screening come azione necessaria ad un maggior commitment regionale sullo screening.
Concludo ricordando che il senso di questo lavoro non è la produzione di un ranking né un giudizio nel merito ma il mettere a disposizione un input migliorativo, proprio perché il monitoraggio dei programmi di screening ha valore solo se ne scaturisce una riflessione su quello che si è fatto, su dove ci si colloca anche rispetto agli altri e su dove si può pensare di arrivare.
La popolazione del Centro-Nord, riguardo al tasso di copertura dello screening mammografico, è stata saturata. Questo significa che qualunque tipo di miglioramento non potrà più derivare da un aumento dell’estensione della copertura, ma solo da un miglioramento della proporzione di residenti che hanno eseguito una mammografia regolare, cioè da un aumento del tasso di partecipazione delle donne invitate. Questa variabile, purtroppo, non è sotto il controllo diretto dei centri di screening, che possono incidere solo sugli inviti ma non sulla risposta. In futuro, solo il Sud potrà migliorare la situazione nazionale in modo sostanziale. Nel Sud, è necessario senz’altro continuare ad aumentare la copertura, cioè la proporzione di donne eleggibili invitate alla mammografia, ma anche la risposta delle donne agli inviti, che è molto più bassa rispetto a quella del Nord e anche a quella del Centro. In sintesi, al Nord si può eventualmente tentare di migliorare la risposta delle donne agli inviti, mentre al Sud si deve necessariamente migliorare la risposta delle donne agli inviti ma anche la proporzione di donne invitate. Questi dati quindi indicano che la priorità per i programmi di screening è sicuramente il Sud.
Analizzando gli indicatori di tipo diagnostico, i primi inviti sono segnati da un recall rate più alto che in passato mentre lo stesso non è accaduto agli inviti successivi. Questo fa pensare chiaramente a un certo livello di inesperienza dei radiologi che però compensano all’esame successivo. Tra l’altro, non è detto necessariamente che siano dei radiologi più giovani rispetto agli anni precedenti. È invece probabile che siano dei radiologi meno dedicati.
I dati mostrano chiaramente che è aumentato il tasso di richiamo al primo screening ma non la prevalenza diagnosticata di malattia, che in Italia è sostanzialmente stabile. Per conseguenza, diminuisce il valore predittivo positivo della mammografia. Sono però dell’opinione che il valore predittivo positivo delle biopsie non sia diminuito, perché i centri di screening fanno un lavoro multidisciplinare che è diventato estremamente raffinato. In Emilia-Romagna, per esempio, ogni dieci donne sottoposte a biopsia nove hanno un cancro, cioè biopsia e cancro quasi si equivalgono. Questo significa che se non aumenta la prevalenza di malattia, non aumenta nemmeno il numero di biopsie. In ultima analisi, l’inesperienza dei radiologi ricade solo sul primo livello dello screening cioè sui richiami e sul volume di approfondimenti, ma non sulle biopsie eseguite.
Un’altra puntualizzazione che si deve fare è che occorre un minimo di prudenza riguardo al dato dell’aumento del recall rate, perché in Italia i dati di precedenti studi indicavano che c’era una relazione inversa tra il tasso di richiamo e quello che una volta si indicava come tasso di “early rescreen”. In Emilia-Romagna, per esempio, erano presenti dei centri di screening locali con un tasso di richiamo molto basso e un tasso di “early rescreen” molto alto. Questi centri non richiamavano molte donne per effettuare degli approfondimenti diagnostici, ma ne reinvitavano molte per una nuova mammografia di screening dopo 12 mesi anziché 24. Questo parametro però non rientra nello scope dell’Ons, probabilmente perché è un fenomeno difficile da registrare in maniera sintetica.
Ritornando agli indicatori di performance del Sud, sarebbe opportuno considerare anche lo screening spontaneo che, come dimostrato dai dati dell’indagine Passi, è fortemente presente. Penso che il basso tasso di risposta delle donne agli inviti, più che segnalare un problema di tipo socioeconomico ed educativo, sia legato a una questione di sfiducia delle donne nel Sistema sanitario nazionale delle Regioni del Sud. Questo è un aspetto estremamente importante, perché le donne del Sud non aderenti all’invito pubblico eseguono lo screening in sede opportunistica e spontanea. Questo aspetto andrebbe esplorato meglio.
Le Province autonome di Bolzano e Trento presentano performance ottime e in miglioramento, e sottolineerei che Trento è l’unica realtà italiana in cui la tomosintesi è il test di base. Questo dato rappresenta uno sguardo sul mondo reale interessante per l’attualità di questa tematica. La Toscana e il Veneto hanno una performance complessiva buona così come la Liguria e la Lombardia, che negli ultimi anni hanno fatto degli sforzi notevoli per migliorare i programmi di screening. La Liguria, in particolare, era una realtà depressa per lo screening mammografico nell’Italia del nord. Oggi non lo è più, come è dimostrato anche da questa indagine. Le Regioni dovrebbero darsi come obiettivo anche quello di non abbassare il livello degli indicatori di performance, come è il caso dell’Umbria che sembra mostrare una performance declinante, e mantenere il livello raggiunto.
Infine, per il Sud andrebbe considerato anche lo screening mammografico spontaneo che, come per quello cervicale, andrebbe affrontato nell’ottica della reingegnerizzazione della prevenzione individuale spontanea. In altre parole, sarebbe prioritario non porsi l’obiettivo di sostituire lo screening spontaneo con quello organizzato ma preoccuparsi, prima di tutto, di capire se lo screening spontaneo sia di qualità o meno. Personalmente, non sono convinto che la mammografia spontanea sia a priori da deprecare, lo è soltanto se è di cattiva qualità. Quello che importa è che le donne che fanno la mammografia nel privato siano protette, cioè che la qualità dell’esame sia buona.  Non è ammissibile che non si sappia nulla della qualità degli screening spontanei, e quindi bisognerebbe cercare di capire come stabilire dei rapporti con i centri di screening privati.

Perché si possa considerare raggiunto l’obiettivo di un programma di screening, non solo deve essere invitata tutta la popolazione bersaglio ma, soprattutto, alle donne coinvolte (donne aderenti) deve essere offerto un adeguato livello di qualità sia del test di screening, sia di tutto il successivo (eventuale) percorso diagnostico/terapeutico. Lo screening richiede una organizzazione complessa, molte sono le problematiche da affrontare e risolvere.

Problematiche

Livello di estensione, adesione e copertura dello screening.

Monitoraggio qualità

Italia a due velocità AL SUD  (ma non solo) DIVERSE REALTA’ disomogeneità di offerta non equità

Efficienza dei servizi

Sensibilità e consapevolezza dei cittadini

Altre Problematiche:

– Di tipo strutturale carenza di risorse (personale; tecnologie) carenza di formazione (pochi corsi di formazione; formazione sul campo)

– Mancanza di programmazione

– Depauperamento di competenze organizzativo‐gestionali non adeguata allocazione risorse esistenti

Azioni di promozione Screening

Campagna di comunicazione/informazione

Screening e associazioni di volontariato

Il programma di screening è inserito all’interno dei Centri di Senologia?

La gestione degli esami di I e II livello avviene all’interno della stessa Asl ?

La gestione degli esami di I e II livello effettuata dagli stessi professionisti?

I dati dello screening vengono sottoposti a verifica a livello regionale?

I dati delle Survey sono oggetto di audit a livello Regionale?

I dati dello Screening sono oggetto di audit alla presenza dei professionisti coinvolti?

Quali iniziative ha intrapreso la Regione per potenziare lo screening?

È stata fatta di recente (ultimi tre anni) una campagna di comunicazione e informazione relativamente allo screening mammografico ?

Le associazioni di volontariato sono presenti a supporto dello screening mammografico?

Esiste un Tavolo di Coordinamento Tecnico Regionale?

– Calabria, Molise non hanno un tavolo di coordinamento tecnico

– Abruzzo non ha risposto

Recall non aderenti, supporto numero verde.

Organizzazione eventi pubblici e depliant informativi su screening, raccolta fondi, partecipazione a gruppi di lavoro

regionali.

Convenzione associazioni e Azienda Sanitaria Locale per la promozione dell’adesione allo screening mammografico e

organizzazione di facilitazioni per il raggiungimento delle sedi di erogazione.

Protocolli d’intesa per il supporto a tutte le iniziative di promozione dello screening attivate dai singoli programmi . Iniziative spot, promozione dell’adesione allo screening mammografico e organizzazione di facilitazioni per il

raggiungimento delle sedi di erogazione.

Informazione e counselling.

Supporto all’accettazione di I e II livello.

Supporto alla accoglienza delle utenti che afferiscono alle sedi fisse e mobili.

Coinvolgimento nel coordinamento regionale in modo particolare per gli aspetti di comunicazioni e informazione alla popolazione target.

Recupero donne non aderenti, sensibilizzazione della popolazione, sensibilizzazione degli operatori sanitari, attività verso le fasce più deboli (es. donne immigrate), coinvolgimento dei policy maker, partecipazione alle scelte gestionali ed al dibattito scientifico

Quali iniziative ha intrapreso la Regione per potenziare lo screening?

Delibere per ampliamento delle fasce di estensione 45-49 (da avviare da dicembre 2024) e 70-74

Corsi di formazione per radiologi e TSRM, campagne con unità mobili, open day Proposta riorganizzazione strutturale delle attività di screening che preveda la costituzione di un Coordinamento Tecnico

 Approvazione documenti di programmazione strategica, riorganizzazione e potenziamento della governance regionale e aziendale.

Strutturazione screening nell’organizzazione delle ASL. Definizione standard. Approvazione protocolli operativi regionali programmi screening. Potenziamento sistema informativo. Piattaforma comunicazione digitale multicanale. Piano comunicazione per la prevenzione.

Campagne comunicative, creazione portale prenotazione

Delibera in cui sono definiti i requisiti tecnico-organizzativo-professionali

Revisione del materiale informativo e campagna di comunicazione per tutti i programmi di screening avvenuta nell’occasione della settimana della prevenzione del mese di marzo.

Gruppi di lavoro per la redazione di protocolli e di linee di indirizzo, per il coordinamento ed il monitoraggio

Revisione dei provvedimenti normativi al fine di migliorare il coordinamento regionale che comporterà anche l’estensione fino  ai 74 anni dello screening mammografico e del colon retto.

Inserimento dello screening tra gli obiettivi dei direttori generali; responsabilizzazione di tutti professionisti inseriti nel percorso nel conseguimento degli obiettivi e coinvolgimento dei medesimi nelle attività di programmazione e monitoraggio; programmazione di campagne informative e comunicative nell’ambito del Programma Libero PL 13 del PRP 2020-2025.

Recupero ritardi legati alla pandemia da Covid19, messa in campo di una nuova campagna informativa (partenza prevista per settembre 2023), inserimento di nuovo personale (in alcune asl), acquisto/rinnovo della strumentazione (in alcune asl), rinnovo del piano formativo per gli operatori coinvolti

Sviluppo di Gestionale unico regionale, in via di implementazione nelle varie realtà territoriali. Corsi di formazione per gli operatori. Riunioni con i referenti di screening per condivisioni di problematiche e percorsi.

Predisposizione di una nuova campagna di informazione/comunicazione; ha individuato i referenti aziendali per i singoli livelli dello screening per favorire il processo di confronto, programmazione e monitoraggio regionale

Inefficienza della macchina organizzativa

Scarsa sensibilità/fiducia nei confronti del programma

Inefficienza della macchina organizzativa

Azioni di miglioramento:

– Necessità di una forte volontà istituzionale (nazionale, regionale, aziendale)

– Allocazione di risorse infrastrutturali, tecnologiche e umane (sia quantitative che

qualitative) adeguata ai fabbisogni (e mantenuta nel tempo)

– Potenziamento e consolidamento dei coordinamenti regionali di screening

 contrastare la povertà sanitaria, che ha l’obiettivo di ridurre le barriere di accesso ai servizi sanitari e sociosanitari per le persone vulnerabili dal punto di vista socio-economico, mediante il paradigma della sanità pubblica di prossimità, dell’inclusione attiva, dell’integrazione sociosanitaria e di comunità;

 prendersi cura della salute mentale, che si pone l’obiettivo di rafforzare i servizi sanitari e potenziare le capacità dei DSM delle ASL/ASP sperimentando modelli integrati di collaborazione con i servizi sociali dei Comuni e gli Enti del Terzo Settore (ETS), orientati alla presa in carico personalizzata delle persone con problemi di salute mentale, per favorirne il r

Screening del cancro al seno

Aggiornato: 14 novembre 2017
  • Autore: Erin V Newton, MD; Redattore capo: Marie Catherine Lee, MD, FACS di  più …

La diagnosi precoce rimane la principale difesa disponibile per i pazienti con tumore al seno potenzialmente letale, sebbene i progressi nella tecnologia di imaging e le divergenze rispetto ai programmi raccomandati abbiano complicato il problema dello screening. Come con qualsiasi programma di screening del cancro, occorre prestare particolare attenzione ai rischi di sviluppare il cancro al seno, nonché i benefici e i rischi dell’intervento di screening, insieme al costo coinvolto.

Linee guida

Per le donne di età inferiore a 40 anni, a rischio medio di cancro al seno, non sono stati effettuati studi randomizzati per suggerire un beneficio allo screening. I vari gruppi di esperti non hanno raggiunto un consenso tra di loro, ma diversi raccomandano un esame clinico della mammella (CBE) ogni 3 anni e una discussione sui benefici e le limitazioni dell’esame del seno (BSE).

Per le donne di età superiore ai 40 anni a rischio medio di cancro al seno, molti gruppi di esperti raccomandano il CBE ogni anno. In termini di imaging, l’approccio di screening più ampiamente raccomandato negli Stati Uniti per questo gruppo è stato la mammografia annuale. 1 ] L’età alla quale interrompere la mammografia è stata un argomento controverso, con alcuni gruppi di esperti che suggerivano dopo i 75 anni, mentre altri avrebbero tenuto conto dell’aspettativa di vita.

A gennaio 2016, la Task Force dei servizi preventivi statunitensi (USPSTF) ha pubblicato le sue raccomandazioni finali sullo screening del cancro al seno. 2 , 3 ]Le linee guida includono quanto segue:

  • L’USPST raccomanda la mammografia di screening biennale per le donne di età compresa tra 50 e 74 anni
  • Nessun requisito per la mammografia di screening di routine nelle donne di età compresa tra 40 e 49 anni (raccomandazione di grado C); la decisione di iniziare una mammografia biennale di screening regolare prima dei 50 anni dovrebbe essere individuale e dovrebbe tenere conto del contesto del paziente, inclusi i valori del paziente in merito a benefici specifici e danni
  • Prove insufficienti attualmente disponibili per valutare i benefici aggiuntivi e i danni della mammografia di screening nelle donne di età pari o superiore a 75 anni
  • Prove insufficienti per valutare i benefici aggiuntivi e i rischi della mammografia digitale o della risonanza magnetica (MRI) anziché della mammografia a film come modalità di screening per il cancro al seno
  • Nessun obbligo per i medici di insegnare alle donne come eseguire l’ESB (raccomandazione di grado D); questa raccomandazione si basa su studi che hanno scoperto che l’insegnamento della BSE non riduce la mortalità per cancro al seno, ma ha invece portato a ulteriori procedure di imaging e biopsie
  • Prove insufficienti attualmente disponibili per valutare i benefici aggiuntivi e i danni dell’esame clinico del seno (CBE) oltre la mammografia di screening nelle donne di età pari o superiore a 40 anni

Nonostante le raccomandazioni USPST, l’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) raccomanda l’autoconsapevolezza del seno “può includere l’ESB”. 4 ]

ACOG continua inoltre a raccomandare l’adesione alle sue attuali linee guida, che includono le seguenti 5 ] :

  • Mammografia di screening ogni 1-2 anni per donne di età compresa tra 40-49 anni
  • Mammografia di screening ogni anno per donne di 50 anni o più

mammografia

La mammografia è un tipo speciale di imaging a raggi X a basso dosaggio utilizzato per creare immagini dettagliate del seno. La mammografia è attualmente il miglior metodo basato sulla popolazione disponibile per rilevare il cancro al seno in una fase iniziale, quando il trattamento è più efficace.

I 2 tipi di esami mammografici sono i seguenti:

  • Mammografia di screening: eseguita in donne asintomatiche
  • Mammografia diagnostica: eseguita in donne sintomatiche; ad esempio, quando durante l’auto-esame si riscontra un nodulo al seno o uno scarico del capezzolo o si riscontra un’anomalia durante la mammografia di screening

Sebbene la mammografia rimanga l’approccio più conveniente per lo screening del cancro al seno, la sensibilità (67,8%) e la specificità (75%) non sono ideali. La mammografia combinata con l’esame clinico del seno (CBE) migliora leggermente la sensibilità (77,4%), con una modesta riduzione della specificità (72%).

ecografia

L’ecografia è generalmente utilizzata per assistere l’esame clinico di una lesione sospetta rilevata su mammografia o esame fisico. Come dispositivo di screening, l’ecografia è limitata da una serie di fattori, in particolare da una mancata rilevazione di microcalcificazioni e da una scarsa specificità (34%). Attualmente, si raccomanda che lo screening ultrasonografico per le malattie del seno sia riservato a situazioni speciali, come per i pazienti altamente ansiosi che ne fanno richiesta o per le donne che hanno una storia di carcinoma mammografico occulto.

Risonanza magnetica

La risonanza magnetica è stata esplorata come modalità per rilevare il cancro al seno nelle donne ad alto rischio e nelle donne più giovani. Una combinazione di tecniche di risonanza magnetica con contrasto T1, T2 e 3-D è risultata altamente sensibile (circa il 99% in combinazione con mammografia e CBE) a cambiamenti maligni nel seno. Tuttavia, la risonanza magnetica al seno ha un uso limitato come strumento di screening generale, con un costo 10 volte più elevato rispetto alla mammografia e scarsa specificità (26%), con conseguente lettura significativamente più falsi positivi che generano significativi costi diagnostici aggiuntivi e procedure.

Sulla base delle prove tratte da studi non randomizzati e studi osservazionali, diversi gruppi di esperti raccomandano lo screening annuale mediante RM mammaria insieme alla mammografia in pazienti con i seguenti fattori di rischio:
  • Mutazione BRCA
  • Parente di primo grado del vettore BRCA ma non testato
  • Rischio della durata di circa il 20-25% o superiore, come definito da BRCAPRO o altri modelli di rischio
  • Avendo ricevuto radiazioni al torace quando avevano 10-30 anni
  • Sindrome di Li-Fraumeni e parenti di primo grado
  • Sindromi di Cowden e Bannayan-Riley-Ruvalcaba e parenti di primo grado